PROLOGO
E.D. 28 Gelido, Anno 317
A separarvi dalla Taverna del Pozzo ci sono nove giorni di cammino.
In questo lasso di tempo la vostra strada si è di molto discostata da quella di chi, la notte del 22 Gelido, ha condiviso con voi la sala dell’albergo del Pozzo e che vi ha preceduto, o seguito, al momento di partire.
Non pochi, infatti, hanno preferito tagliare la direzione indicata dal taverniere, ritenendo che passare attraverso il bosco degli Occhi potesse essere un modo molto più rapido per raggiungere il Balivo di Mordirovo alla Fazenda al Garrobo. Costoro, però, hanno dovuto fare i conti con un intricato dedalo di alberi e radici che si è dimostrato, se non tanto fitto da impedire il passo, tanto simile e ripetitivo in ogni sua parte da costringerli a girare in tondo e a perdersi nel suo fitto. Solo pochi tra gli avventurieri appena descritti sono, infatti, riusciti a riguadagnare il limitare della foresta e solo a patto di tornare sui loro passi o per ventura di aver incontrato qualche viandante più esperto cui chiedere aiuto.
Quelli che invece hanno seguito i sentieri e le strade battute, dando fiducia alle parole dell’albergatore, hanno percorso un largo sentiero che è pare unisca Tour des Gardiens a Verstad e quindi hanno deviato verso Sud-Ovest all’altezza di un piccolo crocevia. Incrocio che si trova al centro di una vasta area pianeggiante, probabilmente disboscata anni fa.
Qui una piccola carovana era di passaggio proprio in direzione della Fazenda dove, pare, stia alloggiando in questi giorni un mercante “affiliato” e, in ragione di questo, piuttosto importante. Tanto che lasciarsi scappare l’occasione di qualche affare vi viene presentata come follia. Nessuno però pare voler spiegare il significato dell’aggettivo di cui sopra ed ogni domanda al riguardo suscita sorrisi o franca ilarità.
Il resto del cammino si è quindi svolto lungo il limitare della Foresta degli Occhi tra spartane casupole di taglialegna che tuttavia si sono dimostrate ricche fonti di indicazioni per raggiungere la meta e per racimolare qualche Asse o un po’ di fama. A sentire i boscaioli, infatti, il Fazendero avrebbe problemi a liberarsi di alcuni “ospiti” non meglio definiti che occupano abusivamente i suoi terreni e che per qualche motivo non vuole cacciare con la forza.
Altri ancora hanno preferito seguire solo temporaneamente le indicazioni ricevute, la carovana o i gruppi più numerosi per affidare tutto al loro senso dell’orientamento o alla fortuna. È solo a questi ultimi che è stato possibile cogliere discorsi fatti a mezza bocca nelle taverne e nei postriboli meno frequentati: pare che alla Fazenda sia possibile fare bei soldi per chi sappia combattere e non abbia problemi a rischiare la pelle di fronte a spettatori paganti.
Ad ogni modo, qualche sia stata la via intrapresa per raggiungere la Fazenda al Garrobo, a circa due giorni di cammino dalla meta, è stato necessario trovare una guida, principalmente improvvisata, per l’ultimo tratto: contadini, bovari e accattoni che per pochi quadri hanno assicurato di portarvi fino a destinazione.
Sebbene il paesaggio di Talsea vi abbia dato l’impressione di essere incredibilmente simile a quello che Talinor doveva mostrare alle generazioni passate, quelle per le quali foreste, pianure e fiumi erano balsami rinvigorenti e non cave di legname, campi di battaglia e confini da conquistare, la sensazione di qualche pericolo imminente non vi ha mai abbandonato. Se inizialmente l’avevate valutata come lo strascico di paure apprese a Talinor e troppo brucianti per essere dimenticate, tale percezione è stata ora accresciuta dal fatto che, più di una volta, le guide Talseane hanno arrestato il loro incedere, hanno porto l’orecchio a quello che vi sembrava silenzio e poi hanno decretato che fosse meglio cambiare strada e allontanarsi dalla via maestra per qualche miglio prima di riprenderla. Solitamente, in risposta alla richiesta di spiegazioni, parole come “sensazione”, “presentimento”, “esperienza” o «un Auslanner non può capire» troncavano rapidamente qualsiasi conversazione a beneficio della marcia.
Il gruppo di voi che raggiunge per primo la Fazenda è quello che, paradossalmente, si è mosso per ultimo. Sono questo, infatti, ha potuto contare sulla guida di Eva Maravia, l’umana fiduciaria del Balivo di Mordirovo che sembrava scomparsa la sera del 22 Gelido. La donna si era infatti fatta vedere verso la nona ora del mattino, aveva consumato una frugale colazione mentre gli ultimi di voi si apprestavano a lasciare la Taverna del Pozzo e non ha fatto resistenza quando alcuni le hanno chiesto di poterla seguire fino a destinazione. Su una sola cosa era stata chiarissima: doveva essere lasciata libera di poter svolgere indisturbata alcuni incarichi lungo la strada.
La mattina del 1 Fumoso 317 E.D. la Fazenda al Garrobo appare all’orizzonte, raggiungerla è questione di poche miglia.
EPILOGO
E.D. Primo Fumoso 317
Annunciata da un vento pungente, la sera sfuma i contorni della Fazenda al Garrobo.
Gli Auslanner radunati nel cortile della magione sono per lo più attenti alle parole di Mordekai Jasper, Balivo di Mordirovo, quando questi, con un malcelato sbadiglio, scrolla le spalle chiedendo congedo: la giornata è stata lunga e un po’ di riposo è necessario prima di rimettersi in cammino per la sua città.
A quanti gli chiedono di seguirlo tale possibilità non viene negata, anzi, l’umano si mostra piuttosto contento di avere compagnia. Un accenno al fatto che in questo modo sarà più facile tenere d’occhio il prigioniero messo ai ceppi nel pomeriggio chiarisce il perché di una simile rilassatezza ma non solo. Da come parla, Mordekai sembra piuttosto colpito dalle capacità che gli avete dimostrato ed è probabilmente per questo che si lascia sfuggire l’impegno di parlare con il Fazendeiro in modo da alloggiarvi per la notte.
Miguel De Santos Martines e sua moglie Anita accolgono tale richiesta in maniera piuttosto cordiale. I due sembrano più sereni o almeno paiono più sinceri quando dicono di esserlo, sebbene l’ombra della preoccupazione sia ben visibile sul loro volto. Loro figlio Fernando non ha una delle sue crisi da parecchie ore e nessuno lo sente più urlare, piangere o cercare di distruggere a pugni e calci gli arredi della sua stanza. Sembra proprio che qualcuno tra voi abbia scoperto che il giovane veniva avvelenato e, sottraendogli la droga che inconsapevolmente il giovane si autosomministrava, era riuscito a curare i sintomi ma non, per così dire, la malattia. Ed è questa malattia, ovvero l’identità della persona che ha pianificato tutta la faccenda, che non permette ai due padroni di casa di gioire a pieno della ritrovata salute del loro erede.
Poco dopo l’ora sesta, un grosso pentolone di zuppa viene messo sul fuoco e alcune forme di pane vengono distribuite tra chi si attarda in Fazenda: poco meno di un pasto decente ma quanto basta a combattere il freddo e a non aggiungere i crampi della fame ai rumori notturni della campagna.
Terminata la cena, consumata sulle scale o direttamente sui giacigli disposti in parte al piano superiore e in parte al piano inferiore, alcuni di voi si mettono subito in viaggio per chissà dove, altri si stendono per dormire e altri ancora si organizzano perché almeno uno resti in piedi a sorvegliare la situazione: probabilmente nessuno ha intenzione di fregare nessuno ma dopo lo strano caso dell’elfo assassinato, fidarsi troppo non è cosa opportuna oltre a non essere mai stata saggia.
Con queste premesse, eccezion fatta per qualche scossone da parte di chi, per andare a svuotare la vescica, maldestramente inciampa nei vostri piedi o per la voce delle improvvisate sentinelle che si danno il cambio, chiamandosi sottovoce e rispondendosi imprecando per il sonno interrotto, la notte passa tranquilla fino al canto del gallo.
Poco dopo, una campana fin troppo squillante annuncia a tutti che l’ospitalità di Miguel Martines è prossima a terminare.
Quando gli ultimi di voi guadagnano il cortile, d’altro canto, Il Balivo è già pronto alla partenza e con il prigioniero, ammanettato, sotto tiro. L’umano, palesemente in attesa di quanti vorranno accompagnarlo, sta parlando con il Fazendeiro e cerca di rassicurarlo dai suoi pensieri: «l’assassinio di Ilmayander è una brutta faccenda ma non temere, non porterà conseguenze così gravi alla vostra attività. Chi dovrebbe preoccuparsi è il senza padre che gli ha piantato il coltello nella gola…». Miguel annuisce ma non appare molto rincuorato, anzi, l’ultimo accenno sembra averlo scosso parecchio. Ciononostante saluta l’amico e si congeda per chiamare a gran voce il figlio che ancora non si era fatto vedere.
Mentre gli ultimi di voi si preparano a partire, il Balivo stringe alcune mani e coglie l’occasione per ricordare a tutti che a Mordirovo sarete certamente i benvenuti. Infine, composto il suo seguito, pianta la canna della pistola tra le scapole del prigioniero e gli intima di muoversi a due passi da lui.
Mentre quest’ultimo attraversa il cancello, chi tra voi volge uno sguardo alla Fazenda non si inganna nel notare la moglie del Fazendeiro e suo figlio Fernando affacciati alla balaustra che salutano agitando la mano.
Da questo punto in poi, le vostre strade si dividono o restano parallele per poi incrociarsi secondo il volere o la fortuna.
Ad un giorno di cammino, quelli di voi che si saranno diretti a sud incroceranno un gruppo di persone, probabilmente mercanti, accompagnato da una scorta ben armata e dall’espressione temibile. Quello che sembra il capitano degli armati vi domanderà se la strada per la Fazenda al Garrobo sia quella giusta e, anche senza le dovute presentazioni, sarà facile intuire che si tratta di raccoglitori Alwyneer diretti verso i loro compagni. Nessuno tra loro indugerà oltre il tempo necessario per ricevere indicazioni e assicurarsi di aver capito bene.
Poi, esattamente come tutti voi, proseguirà rapidamente sul suo cammino.