Prologo
Simplicio è decisamente un arcanista fuori dal comune. La notte nel rifugio trascorre come le precedenti per tutti Voi, ma nessuno può raccontare di averlo visto mai dormire. Simplicio studia le vostre relazioni, esamina egli stesso gli oggetti ed i corpi che ha fatto giungere, ed ogni tanto vi porge domande sugli eventi accaduti in sua assenza.
Viene tuttavia lasciato ai suoi studi da tutti Voi e pochi osano interferire nelle sue speculazioni e ragionamenti. L’unica persona incuriosita dalla sua nuvola di pensieri sembra essere Lamba che alterna momenti di assenza a momenti di mania compulsiva verso l’operato arcano.
L’alba inizia a filtrare dalle imposte… Tutti avete passato una notte più o meno tranquilla sebbene ad alcuni siano rimasti i postumi della bomba tonante. Nel torpore del primo mattino Arthur, la guardia osservando i comportamenti compulsivi dell’ex soldato squarcia il silenzio del mattino gridando “SOLDATOOO, AL RAPPORTO!” e Lamba quasi come un arco riflesso, si mette sull’attenti e risponde urlando: ”CAPITANO, FACCIAMO UNA BOMBAA!” .
Il fragore delle risate generali riecheggia tra le pareti del rifugio e Simplicio, spaesato poiché ignaro degli antefatti del pomeriggio precedente, viene ragguagliato da Xarogh sul perché di tale ironia improvvisa…
Il suo sguardo tutto d’un tratto inizia a focalizzarsi su un punto con l’attenzione persa nel vuoto… Inspira profondamente e chiede: “avete reagenti alchemici appartenenti ai corpi sufficienti per creare un ordigno tonante della polvere da sparo?”
Xarogh, scambiando un fugace sguardo con Eleonora, infila una mano nella scarsella e mostra un oggetto a Simplicio: ”Noi Fatto questo, perché pensato avanti…”
Qualcuno potrebbe giurare di aver visto Xarogh sorridere in quel momento…
Simplicio prende la bomba, chiede i dettagli tecnici di spolette e innesco e dopo averla studiata qualche minuto si rivolge a Tutti dicendo: ”Vi consiglio vivamente di serrare i timpani, a questo giro… Dopo il botto, state pronti a marciare rapidamente”.
Detto questo porge l’ordigno a Xarogh che si dirige verso l’uscio del rifugio, rimuove la spoletta e la lascia verso il vuoto… si gira verso di voi portando gli indici alle orecchie e vi urla: ”IN MARCIA!!”
Epilogo
Tutte le prove sono state risolte, tutti i sigilli sono stati collocati sui quindici, la protezione attorno all’artefatto è stata sciolta. La curiosità, dopo tante tribolazioni, spinge Voi avventurieri a raggiungere il fulcro della vostra missione.
Fluttuante in una teca di vetro, un bulbo oculare apparentemente vivo, scruta chiunque si avvicini, incrementando l’attività sismica nel suo intorno.
I più temerari di Voi decidono di stabilire un contatto fisico con Esso.
Un bagliore vermiglio accecante colpisce le vostre rétine. Un iniziale senso di vertigine si rivela essere un’attrazione inevitabile in direzione dell’artefatto. Riacquisite la vista, rapidamente, ma ciò che vedete è il vostro stesso corpo, come dormiente che giace sotto di Voi. Un senso di leggerezza vi avvolge mentre il mondo attorno sembra ovattarsi.
Mentre la Vostra sensorialità si altera, avete la percezione di essere osservatori esterni della Vostra stessa persona. Concentrandovi su questo pensiero non vi rendete conto che le vostre essenze sono ormai giunte davanti l’occhio. Al battere della sua palpebra vi ritrovate nell’oscurità a vagare nel vuoto…
“Chi siamo? Da dove veniamo? Dove stiamo andando? Annose questioni che formuliamo nel fondo di un bicchiere nella peggiore bettola del posto in cui viviamo o in un prestigioso circolo del pensiero, circondati da gente colta, magari anche qui, neanche tanto lontano dal fondo di quel bicchiere…
Sappiamo di esistere poiché vediamo, ma se fossimo solo ciechi? Sappiamo di esistere perché ascoltiamo, ma se fossimo solo sordi?
Sappiamo di esistere perché percepiamo il calore del sole ed il vento sulla pelle, ma se fossimo solo catatonici?
Capiamo così che, al netto delle sensazioni che possiamo percepire, siamo vivi per la nostra capacità di pensare…
…Penso, dunque esisto”
E, in questo vortice di buio, silenzio, aponia e atarassia, l’unica compagnia che vi ricorda di essere vivi e autocoscienti di Voi Stessi è IL PENSIERO…
ed il pensiero, da questa clessidra più buia, genera la speranza… La speranza di tornare a vedere, ascoltare, percepire…